Una storia di violenza domestica
08 Giugno 2018

L’affido, una storia di violenza.

 

Sarà nelle sale dal 21 giugno il film “Jusqu’à la garde”, tradotto chissà perché in “L’affido, una storia di violenza” dell’esordiente Xavier Legrand. Leone d’argento a Cannes per la migliore regia, Leone del futuro, Premio Venezia Opera Prima Luigi De Laurentis, è anche sostenuto da D.i.Re, Donne in rete contro la violenza, perché mostra con grande efficacia ed empatia cosa significano le parole “violenza assistita e violenza domestica” che spesso sentiamo usare dagli esperti. 

È la storia di una separazione conflittuale in cui i due figli vengono usati e presi in ostaggio dal padre per tentare di riavvicinarsi alla madre. Eccezionali gli interpreti: Denis Menochét, con la sua fisicità compatta e minacciosa, Léa Drucker al contrario esile eppure decisa a tentare una nuova vita lontano dall’orco. 

La tensione è continua dall’inizio alla fine dei 90 minuti della pellicola. La sensazione di paura è costante e presente in ogni scena, e l’epilogo ricorda “Shining” e lascia la platea senza respiro.

È un film da vedere assolutamente, importante ed essenziale. 

La violenza si respira negli sguardi, nei silenzi, nella tensione che permea ogni singola inquadratura. È un film utile, perché fa ben comprendere cosa significa  essere vittima di un marito ossessivo, geloso, minaccioso. 

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