“L’insulto” è un bellissimo film di Ziad Doueiri candidato per il Libano agli Oscar 2018 come Migliore film Straniero. Il regista è cresciuto a Beirut durante la guerra civile, e ha poi lasciato il Libano per studiare negli Stati Uniti. Il suo primo lungometraggio, “West Beirut” aveva già destato interesse e ottenuto svariati riconoscimenti, così come i successivi “Lila dice” e “The attack”.
Con questo ultimo lavoro Doueiri raggiunge una maturità e una capacità narrativa davvero sorprendenti. La storia è molto semplice: un banale litigio porta in tribunale Toni, meccanico libanese e cristiano, contro Yasser, capomastro palestinese. La questione privata si trasforma pian piano in un conflitto di proporzioni incredibili, facendo riaffiorare ferite mai curate e questioni politiche e sociali legate alle guerre e alle sopraffazioni dei popoli.
Gli attori sono tutti bravissimi e centrati nei loro ruoli, i dialoghi credibili, le tensioni palpabili. Le figure femminili- mogli, avvocati, giudici- cercano invano di riportare la pace ma gli uomini sembra non riescano a sentire ragioni nemmeno davanti al presidente della Repubblica.
Quanto è difficile chiedere scusa, dopo aver arrecato un’offesa?
E quanto pesa il nostro passato sul desiderio di vendetta indiscriminato?
Fa più male un pugno o un insulto aberrante?
Il film è avvincente e convincente, cercatelo nelle sale d’essai dal 6 dicembre, merita di essere visto. Presentato alla 74ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, ha vinto la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile di Kamel El Basha. Sono sicura che vincerà molti altri premi.