Ancora non ci credo, è talmente emozionante e gratificante che il mio “Gocce di veleno” abbia vinto il Premio Selezione Bancarella che non sto più nella pelle. È stato difficile scriverlo, ve lo posso assicurare. È stata una discesa negli inferi della violenza e una faticosa risalita, lenta e dolorosa. L’ho intitolato così perché subire maltrattamenti quotidiani dalla persona che amiamo è come essere sottoposti a uno stillicidio. Gocce di veleno che scavano nella nostra autostima, e ci fanno dubitare di noi stesse. Lo scherno, lo svilimento sistematico, la disistima uccidono lo spirito e ci rendono sempre più deboli e succubi.
La storia che racconto in questo romanzo è quella di una donna apparentemente indipendente e libera, ma che in realtà subisce il fascino e poi i soprusi di Manfredi, il Barbablù di questa fiaba moderna, piuttosto attuale, purtroppo. Se la persona che amo, o che credo di amare, mina ogni mia sicurezza e mi fa sentire inadeguata, sbagliata, incapace, come posso riuscire ad affrontare il mondo?
Non c’è bisogno di degrado e periferia per incappare nella violenza psicologica. È un fenomeno diffusissimo di cui poco si sa e ancor meno si parla.
L’80% delle donne vittime di maltrattamenti non li considera un reato, e non denuncia. Un ragazzo su 4, secondo il dossier della onlus WeWorld giustifica i maschi violenti. E’ evidentemente un problema prima di tutto culturale.
La violenza si insinua nelle nostre vite normali senza che ce ne accorgiamo, quasi. Con questo libro voglio invece farla percepire, voglio che il lettore provi fastidio quando Manfredi insulta e minaccia Claudia, perché non è normale che l’uomo che ami ti dica che ti ammazzerà, se tu lo tradirai. Non è affatto normale.
Amour fou è il titolo del primo capitolo. Una passione travolgente, che ti fa dire: ti amo da morire. Ma d’amore non si può e non si deve morire! Claudia è spesso passiva nel rapporto con Manfredi, lo subisce, e pensa, erroneamente, che se accetterà tutto, se si farà fare di tutto, lui alla fine l’amerà. Che tragico inganno! L’amore malato si trasforma presto in una vera e propria ossessione. Vittima e carnefice tessono una tela che crea dipendenza reciproca. Entrambi hanno delle ferite irrisolte, che risalgono alle loro infanzia, che li condizionano nella relazione. Finché non si risolve la causa di un problema, il problema si ripresenterà, tale e quale. Nel mio romanzo solo lei vuole provare a cambiare. Il cambiamento, quale che sia, costa fatica. È difficile e doloroso ammettere di aver sbagliato, di essersi sbagliate, e ricominciare tutto daccapo. Per chiudere una relazione bisogna elaborare un vero e proprio lutto, è come tagliar via un pezzo di sé, amputarsi un braccio, una gamba, a freddo. Chi mai lo farebbe? Ma quando si vive un amore malato, l’unica cura è l’amputazione. Quando finalmente Claudia ha paura, e pensa davvero che Manfredi potrebbe farle del male, riesce a mettersi in salvo. Ci sarà tempo, poi, per curare le ferite, ma la prima cosa è: scappare via!
Il Centro antiviolenza è un altro protagonista di “Gocce di Veleno”, e parte del ricavato dalla vendita del mio libro andrà infatti a Cerchi d’Acqua, la onlus con cui ho lavorato per poterlo scrivere. I centri antiviolenza sono in tutto il territorio italiano e soprattutto sono gratuiti, per tutte quelle donne che stanno vivendo una situazione di disagio e di sopraffazione. Non si occupano solo di violenza fisica, ma anche e soprattutto di violenza psicologica. Sembrerà strano, eppure questa è un tipo di violenza subdola e sottile da cui è molto difficile uscire. Perché non sei creduta, perché ti senti in colpa, perché ti vergogni. Parlare di maltrattamenti e capirne le cause è un lavoro che ho fatto in prima persona per poter scrivere questo libro. Anche a me è successo di vivere un amore malato, da cui non riuscivo ad uscire. Se ce l’ho fatta è perché ho chiesto aiuto, e ho trovato nel centro antiviolenza l’aiuto di cui avevo bisogno. Dalla violenza si può uscire, se ci si fa aiutare. Claudia riuscirà, attraverso un lungo percorso di guarigione, ad affrontare i suoi demoni e a sconfiggerli. Perché bisogna sempre arrivare a capire da dove arrivi quel bisogno molto femminile di farsi fare del male.
“Gocce di veleno” è un percorso di guarigione, ma è anche un viaggio dentro sé stessi, nel proprio passato, per curare antiche cicatrici che ancora sanguinano. È un romanzo pieno di speranza, che dimostra che dalla violenza si può uscire, che fa intravedere strade possibili, che suggerisce soluzioni. Spesso sentiamo parlare di violenze e femminicidio con una sorta di ineluttabilità, come se fosse un destino che accade. Ma non è così! La violenza va rifuggita, sempre, ed è sempre sbagliata!
In “Gocce di veleno” la violenza non è mai agita, non vi è nemmeno uno schiaffo, eppure è percepita in modo vischioso, costante, fastidioso. Spesso la violenza psicologica è il preludio di quella fisica. Ma le donne innamorate sottovalutano il pericolo reale che stanno vivendo. Per questo bisogna allontanarsi subito, prima ancora del primo schiaffo. Riconoscere una relazione malata, e lasciarla, prima che sia troppo tardi. Spero che leggere questo libro aiuti le donne, tantissime, che in questo momento stanno subendo in silenzio. È ora di alzare la testa, e prendere in mano la nostra vita per farne quello che vogliamo. Senza Barbablù, aguzzini, padri o padroni che pretendono di decidere al posto nostro.