Ho letto d'un fiato questo libro dell'esordiente Anna Giurickovic Dato, ma non so dire se mi sia piaciuto davvero. Mi ha piuttosto lasciata sgomenta, disorientata, inquieta. Perché ne "La figlia femmina" nulla è come sembra, e quel che appare è davvero angosciante. C'è una bimba di cinque anni, Maria, abusata dal padre, mentre la madre innamorata dell'uomo e sorda e cieca di fronte al dramma della figlia ci racconta di tramonti colorati e mercati splendenti in una Rabat soleggiata.
Ritroviamo poi quella bimba violata diventare Lolita, appena tredicenne, e fare la gattina senza scrupoli col nuovo compagno della madre. Il lungo corteggiamento della ragazzina compiuto di fronte alla madre, quasi per sfidarla, o distruggerla, mi ha oltremodo disturbata. Non so spiegare perchè.
In mezzo, la morte del padre orco, caduto/spinto giù dal balcone dalle manine- innocenti?- di Maria quando aveva solo 9 anni.
Al di là della credibilità della storia, che francamente mi appare un po' troppo tirata e fantasiosa, resto perplessa di fronte a tali scempi vissuti e assistiti nel silenzio e nel torpore, raccontati con distacco e freddezza, mentre a me che leggevo ribolliva il sangue di fronte a tanto orrore.
Non so, forse sono ormai troppo sensibile su certi temi, forse non sono riuscita a cogliere il vero senso, certo l'autrice scrive bene e ti avvolge nella sua tela di ragno sapientemente costruita, però la domanda è: cosa voleva dire? Che la bimba abusata sarà inevitabilmente una perfida puttanella? Che la madre inerme lo sarà per sempre? Che tutti sono complici e carnefici, e che le vittime non esistono? Se l'avete letto, vi prego, illuminatemi.